Così, almeno, parrebbe. La grande sfida tra il “rottamatore” Matteo Renzi e il dinosauro Pierluigi Bersani s’è conclusa velocemente, in modo tutto sommato banale. Prive di grandi idee, condite di qualche gadget da festival del fumetto, accese (e subito spente) da botta-e-risposta scontati, la kermesse fiorentina e quella napoletana hanno pesato solamente da un punto di vista economico. Conti da migliaia di Euro, raccolti attingendo a fonti di finanziamento – dicono gli organizzatori – private. Beati loro che in tempo di crisi trovano ancora persone disposte a pagare per sentirsela raccontare.
Non vi aspettavate davvero il botto – il big bang di Renzi – vero? Lui, il Sindaco di Firenze che oggi cavalca (giustamente) l’onda e si propone come nuovo e giovane, in realtà è il più classico esempio di “merituccio” all’italiana. Quello coltivato nell’orto di (buona) famiglia, per capirci. Figlio d’arte, Renzi è stato instradato dal padre alla carriera politica, e dal padre è stato protetto nei primi passi, potendo permettersi così di bruciare le tappe. Proporsi come il nuovo che rompe con gli schemi è un esercizio di ipocrisia e un errore di sopravvalutazione delle capacità di interpretazione dell’elettorato.
Né, del resto, ci saremmo potuti aspettare da Bersani e Bindi – loro sì ferrivecchi inutili a sé stessi e al Paese – nulla di meglio di un tentativo (ben) poco credibile di sposare la tesi del partito che investe sui giovani e apre alle nuove energie.La Bindiarriva a Napoli e si lascia fotografare con i giovani presenti all’evento. Bersani ripete ossessivamente che sono i giovani ad avere in mano il futuro (remoto, se possibile) del Partito Democratico. Messi alle strette dalle domande sul momento del loro abbandono, però, entrambi fanno saggiamente melina. Tecnica nota anche a Renzi. Il sindaco di Firenze ha lasciato intendere che si candiderebbe, ha raccolto gli inviti senza negarsi apertamente, ma alla fine ha detto che si dovrà aspettare il momento giusto e che, insomma, almeno per ora di una sua candidatura ufficiale non se ne parla.
L’impressione dell’elettorato più smaliziato è che nessuna delle due parti sia realmente in grado di proporre un’alternativa valida, e sia ben consapevole delle difficoltà che comporta il tentativo di prendere il sopravvento sull’altra. I renziani oggi sono forti della luce dei riflettori. Ma le luci si spegneranno prima o poi. Se vogliono creare un’offerta consistente dovranno pensare a qualcosa in più rispetto al wiki-manifesto elettorale o all’abboffata di twitter. Dovranno spiegare con quali strumenti intendono perseguire i punti in programma, a quali risorse intendono attingere, come pensano di gestire l’inevitabile opposizione interna al partito che – nell’ipotesi (al momento remota) di una loro vittoria – eserciterebbero le correnti tradizionaliste.
La parte più conservatrice del partito (anche se, ironia della sorte, sono loro che considerano Renzi estremista di destra) si rende conto di aver perso un altro pezzetto e di dover correre ai ripari. Sai la novità. Ecco che nei prossimi mesi la corte a Casini (che si riconferma il politico italiano più inutile e, al tempo stesso, più importante) si farà più serrata, mentre nel frattempo non si fermerà il tentativo di contenere le intemperanze di Vendola e Di Pietro.
La cosa più ironica è che intanto il Pdl recupera terreno. Gli ultimi sondaggi danno Berlusconi e compagnia in grande recupero. Tanto per tornare a ribadire che gli italiani saranno pure accomodanti, pressappochisti e faciloni, ma stupidi non lo sono mai stati. Sarebbe il caso che dinosauri e rottamatori se ne rendano conto. Che dite lo tweettiamo?
(da Blog di Synthesis)