I periodi di campagna elettorale sono affascinanti. Non mancano mai il colpo di scena, lo scontro, poi la mediazione, poi di nuovo lo scontro. Le percentuali di ascolto dei programmi televisivi salgono alle stelle e i nostri politici, anche quelli meno propensi ad apparire in televisione, riscoprono una verve inaspettata e diventano presenzialisti accaniti.
Naturalmente la campagna elettorale è anche il momento in cui è doveroso spararle grosse. Vendere lo slogan all’elettore indeciso, convincerlo con proclami altisonanti, sono imperativi di cui non si può fare a meno. Tenere un profilo basso non funziona più. Se anche la classe politica decidesse di abbassare i toni (e di tanto in tanto lo fanno, generalmente con proclami tanto eclatanti quanto inascoltati) basterebbe una sola voce fuori dal coro, un solo intervento sopra le righe, per riportare la situazione al punto di partenza.
Prendiamo Grillo. Ha costruito la sua campagna elettorale sulla visibilità, un po’ casereccia, un po’ altisonante. Il suo blog è uno dei più visitati al mondo. Immagino che lo sia perché Grillo è un bravo comunicatore, sa inventare gli slogan e sa comunicarli. E poi cavalca l’onda come un navigato surfista. Raccoglie i consensi dei disillusi, di quelli che odiano Berlusconi ma anche la sinistra. Per questo lo sentirete passare disinvoltamente dall’attacco allo “psiconano” all’accusa al fronte opposto, dichiarando manifestamente di voler mandare al macero gli esponenti della sinistra italiana, nessuno escluso.
Grillo reclama spazio politico per i suoi. Per esempio sostiene da tempo la necessità di ridare il Parlamento ai cittadini. Consentire cioè che siano persone comuni e non politici di professione a rappresentare gli italiani. La proposta è affascinante, e condivisibile. Senza bisogno di scomodare l’idea di democrazia diretta degli ateniesi, basta leggere tra le righe della nostra Costituzione per rendersi conto che la concezione della vita politica è costruita sull’apporto di tutti i cittadini, non necessariamente di professionisti della politica. Il parlamentare non dovrebbe essere un mestiere per la vita, ma una “parentesi civica”, terminata la quale ciascuno torna al proprio mestiere.
Proposta condivisibile, a patto di essere onesti fino in fondo. Oggi accusiamo la classe politica di ignoranza e pressappochismo. Ci sono bellissimi servizi de Le Iene che, di tanto in tanto, rivelano la scarsa preparazione (per non dire ignoranza abissale) dei nostri politici su temi importanti, ultimo tra tutti quello dell’unità d’Italia. Lo stesso Grillo torna a più riprese sul tema. Se però vogliamo un Parlamento di salumieri, giardinieri, rappresentanti di prodotti di pulizia, piccoli commercianti o, non so, portavalori e guardie giurate (tutte categorie rispettabilissime, sia chiaro) dobbiamo pure accettare l’idea che queste persone metteranno a servizio del Paese la loro passione, non necessariamente la loro cultura.
Per questo trovo le proposte di Grillo interessanti, ma un poco ipocrite se mescolate al j’accuse nei confronti della classe politica italiana. Per questo, tornando al punto di partenza, mi piacerebbe che l’elettore medio sapesse comprendere che in campagna elettorale si pongono provocatoriamente temi sul tavolo, in modo a volte approssimativo, e lo si fa volontariamente. Riflettere seriamente sulle proposte dei grillini (ma il loro è solo un esempio eccellente, ce ne sono tanti altri) richiederebbe una riflessione più matura. Altrimenti restiamo nel contesto dello slogan, dietro il quale manca la sostanza. Senza contare – e lo dico scherzosamente – che Grillo dimentica di menzionare un argomento decisivo: la fortuna che i suoi dilettanti allo sbaraglio, in quanto principianti del Parlamento, avrebbero a proprio favore.
(da Il Ricostituente)