Quoting: Gianluca Sgueo, Il reclutamento: le buone pratiche, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, n. 4-2021
Negli ultimi decenni la pubblica amministrazione è stata penalizzata dal blocco o contingentamento delle assunzioni, soprattutto in termini di sottodimensionamento degli organici e innalzamento dell’età media degli impiegati. È ragionevole ritenere che nei prossimi mesi si riapriranno i concorsi. Questo costituisce una opportunità, ma, nel contempo, nasconde una pericolosa insidia. Se si recluteranno i migliori l’amministrazione italiana potrà fare un deciso passo in avanti; diversamente, ogni progetto di rilancio si rivelerà una mera velleità, giacché con funzionari modesti dovremo fare i conti nei decenni a venire.
È quindi prioritario il tema del reclutamento: fermo il principio costituzionale dell’accesso tramite concorso pubblico (inteso come selezione dei più meritevoli, all’esito di un esame comparativo e aperto a tutti), diventa cruciale ridisegnarne le modalità di svolgimento. Occorre, in particolare, che il meccanismo (garantista) del concorso non sia di ostacolo al conseguimento della funzione primaria di un sistema di reclutamento per la pubblica amministrazione: selezionare in tempi brevi i più meritevoli, importando le migliori competenze e attingendo anche al serbatoio di competenze del settore privato, sulla base di modelli che consentano di attrarre e trattenere le professionalità maggiormente qualificate.
Di fronte a questo ambizioso obiettivo, bisogna porsi le seguenti domande cui il contributo tenterà di dare risposte anche in chiave comparata: i concorsi pubblici sono davvero selettivi e orientati al merito? I tempi lunghi in cui si svolgono violano i principi di economicità, efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione e, dunque, il principio del buon andamento? È opportuno affidare a strumenti di diritto privato il reclutamento di quote di personale pubblico? Quali interazioni tra sfera pubblica e privata occorre incentivare per favorire lo sviluppo delle competenze?