Un Paese in crescita. Un’economia aggressiva che rappresenta, con India, Russia e Brasile, il presente e, soprattutto, il futuro dell’economia mondiale. La “tigre cinese” è oggi un fenomeno studiato da economisti, sociologi e politologi. Ma prima ancora è un fenomeno mediatico. Negli ultimi anni l’interesse dei mass-media per l’Oriente è cresciuto esponenzialmente, a testimonainza degli intensi legami con le economie occidentali. Lo confermano le statistiche: le grandi multinazionali scelgono di decentrare in Cina porzioni di (o addirittura l’intera) catena produttiva. In questo modo abbattono costi e tempi di produzione. A loro volta, le piccole e medie imprese indirizzano versola Cinale loro strategie di breve e lungo periodo, consapevoli delle buone possibilità di ampliare il proprio volume d’affari. Le prospettive di crescita, infatti, sono tali e tante da non trovare paragone nelle economie occidentali. Ma l’interesse versola Cinaè anche quello mostrato da studenti e professionisti. In molti decidono di studiare e poi lavorare nelle grandi città cinesi, Pechino o Shanghai su tutte. Del resto, la scarsa offerta locale specializzata e, invece, la domanda costante (e in crescita) di professionalità che occupino le posizioni chiave nelle aziende garantisce, diversamente dal caso europeo e statunitense, ampia mobilità e flessibilità nel mercato delle professioni.
Ed è così che si mostrala Cina, Pechino in particolare, a chi la visita per la prima volta: un gigantesco cantiere a cielo aperto, un crogiolo in cui tradizioni culturali e sociali radicate convivono con imprenditorialità, spirito d’iniziativa e operosità. Si tratta di una convivenza pacifica. A differenza di altrove, infatti, l’equilibrio tra le due componenti è non soltanto stabile – le tradizioni, in altre parole, non scompaiono per lasciare posto alla modernità – ma è, anzi, esso stesso un valore.
In effetti, la prima impressione è proprio quella della progressiva scomparsa delle tradizioni a favore dell’innovazione. Si passeggia per il centro di Pechino, ma l’impressione è quella di trovarsi a Londra oppure New York. Lo scenario è lo stesso: grattacieli di vetro, palazzi moderni, persone che corrono indaffarate, e le grandi griffe internazionali che hanno colonizzato tutti gli spazi commerciali disponibili. Addirittura, i profumi dei ristoranti non sono più soltanto quelli tradizionali cinesi, ma quelli di fast food, pizzerie e wine bar occidentali.
Eppure, man mano che si visita la città, una visuale più completa (e certamente più complessa) si sostituisce alla prima impressione. I segnali sono tanti. I tassisti ad esempio. Pechino occupa una superficie pari a circa la metà del Belgio. È dunque ovvio che il taxi rimanga uno strumento essenziale per potersi spostare. I tassisti però non parlano una sola parola di inglese (o francese, tedesco e spagnolo). Per fortuna tutti hanno il tassametro elettronico: pagare non è mai un problema. Alcuni dispongono addirittura di un messaggio registrato in inglese con cui, a fine corsa, ringraziano e salutano i passeggeri. Ma per spiegare dove si vuole andare è necessario mostrar loro l’indirizzo scritto con il nome della località. Un’esperienza decisamente bizzarra. Così come è bizzarro il modo di comportarsi dei cinesi nei luoghi affollati, come la metropolitana. Il concetto di spazio personale è molto diverso da quello europeo. È normale non solo essere toccati, ma addirittura urtati. Non è invece normale né scontato ricevere le scuse di chi vi ha toccati o urtati.
Al di là dei rapporti superficiali (che però in una città di 11 milioni di abitanti sono parte consistente della vita quotidiana di ciascuno) prevale un sistema misto di cortesia e rispetto delle gerarchie che lascia perplessi coloro i quali non vi fossero preparati. Per cominciare, nella tradizione cinese l’ospite è sacro e pertanto gli si rende omaggio mettendolo sempre a suo agio e cercando di soddisfare tutte le sue esigenze. Ma l’ospite a sua volta è tenuto a rispettare l’etichetta e dunque, ad esempio, a presentarsi sempre con assoluta puntualità agli inviti. Fin qui nulla di particolarmente nuovo rispetto all’occidente. Le particolarità si trovano nel rispetto assoluto per la linea gerarchica, che in Cina è molto ben delineata, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Durante le conferenze universitarie, per citare un caso, la disposizione delle sedie è pensata per rispettare e dare risalto alla posizione sociale e al prestigio di ciascuno dei partecipanti. Così anche l’ordine degli interventi e il tempo a disposizione. Inutile dire che gli studenti generalmente non sono nemmeno ammessi. Lo stesso sistema misto di cortesia e rispetto delle gerarchie è alla base del making business cinese. Chi fa affari con imprese locali sa bene che, a partire dalle trattative che precedono la conclusione di un contratto, fino al momento in cui è necessario onorare la prestazione, bisogna seguire schemi molto precisi. La trattativa si conduce invitando l’ospite a cena (ed è questa la sede in cui si discute davvero di affari). Se il contratto va in porto (e, si badi, vale la parola data, che è più importante della firma) è giusto omaggiare il nuovo business partner con un “dopo cena” che quasi sempre consisterà in un karaoke. Non solo. Quando il contratto è attivo si crea tra le parti una relazione a metà tra il rapporto di affari e quello di amicizia. Cosa accade, allora, se volete scindere il vincolo contrattuale perché avete trovato un’offerta più vantaggiosa? Provate a chiederlo a chi conosce il sistema cinese. Vi verrà risposto che farlo è possibile, ma bisogna sempre cercare di accontentare anche il vecchio partner commerciale. Il rischio, in caso contrario, è quello dell’ostracismo.
Ci fermiamo qui, anche se gli esempi potrebbero essere molti altri.La Cinamoderna è il risultato di un singolare miscuglio di relazione personali, rispetto per le tradizioni e modernità. Per realizzare un edificio di venti piani bastano pochi mesi. Si lavora giorno e notte, senza sosta (e, spesso, senza diritti). I social network che spopolano in occidente sono oscurati. Però per concludere un contratto milionario basta una cena. Le città sono sicure e sorvegliate. Chi ruba rischia anni di prigione. Il valore dell’educazione è tenuto in massima considerazione e la selezione per i posti da dirigente è durissima, eppure sono pochi i cinesi che sanno che il nuovo premio Nobel per la pace è un loro conterraneo.
Siete stupiti? I numeri ci dicono che è qui che oggi si muove l’economia. È qui che si investe, ed è sempre qui che il reddito pro capite aumenta ad un tasso impensabile anche per la prima potenza economica al mondo, gli Stati Uniti. E le contraddizioni? Quelle, forse, sono la spina dorsale e il segreto della leadership del prossimo futuro, forse già della prossima generazione.
(da 13 Magazine)