In una recente intervista Giuliano Amato prendeva posizione sulla questione dell’anniversario dell’unità d’Italia, dichiarandosi favorevole alla celebrazione di una festa operosa. Una festa cioè celebrata nelle scuole, con giornate a tema interamente dedicate al Risorgimento, e negli uffici pubblici e privati, con brevi momenti di aggregazione durante i quali ricordare, secondo i tempi e le modalità che ciascuna struttura avesse voluto seguire, ilcentocinquantenario.
La soluzione di Amato nasce da una constatazione di diritto e una constatazione di fatto. In diritto, mancando una definizione chiara della legge, si sarebbe evitata con l’operosità la rogna di una solennità civile forzosamente trasformata in festa. In fatti, l’aver dedicato il 16 sera alla “notte tricolore” avrebbe, secondo Amato, reso superfluo il prolungamento della festa alla giornata successiva, dedicata piuttosto all’aspetto istituzionale.
La scelta del Consiglio dei Ministri – per verità quasi interamente targata La Russa– ha preso la direzione opposta, non solo rispetto alle parole di Amato, ma anche a quelle della Gelmini e dei Ministri in forza Lega. Nessuna concessione gratuita, sia chiaro. Si è deciso per lo scambio degli effetti fiscali con il 4 novembre (che quest’anno verrà dunque declassato a giorno ordinario) e per lo sdoppiamento della festa con il 2 giugno, quando arriveranno i Capi di Stato e di Governo dei Paesi esteri. Si mettono così d’accordo: gli scettici verso le celebrazioni, con un atto dovuto e, a giudizio di chi scrive, necessario per ribadire l’importanza di una festa che avrebbe rischiato di passare in sordina; i risparmiatori, timorosi verso collassi dell’economia a causa della spesa per la festa (che peraltro manterrà un tono low-profile, visti i fondi esigui a disposizione); i “facinorosi” come il Ministro della Difesa, che potranno divertirsi durante la notte del 16 e riflettere durante la giornata del 17; infine, gli stessi leghisti, che dichiarazioni pubbliche a parte, incassano così un credito importante da far valere a breve, in sede di riforma federalista.
Incassata la forma, è ora di concentrarsi sui contenuti. Finora non si può dare torto a chi, come Beppe Severgnigi, scrive di eventi poco frequentati, mostre noiose e scarso riscontro mediatico. Le giornate del 16 e del 17 dovrebbero rimediare a parte di questi problemi. Quanto ai contenuti, il cambiamento è imminente. Sono in partenza le Grandi Mostre, che si svolgeranno soprattutto a Roma e Torino. La Lombardia ha varato il suo programma e lo metterà in atto a breve. Il logo ufficiale è finalmente sotto gli occhi di tutti. Le iniziative editoriali continuano a proporre novità interessanti. Cosa manca? I protagonisti: gli italiani. Adesso è arrivato il momento di sentire la partecipazione comune. La macchina organizzativa non poteva fare di più. Lo scenario più roseo vedrebbe grandi e piccoli coinvolti dal dibattito. Quello più realistico proporrà forse una partecipazione più contenuta. Senza di questa, potremo serenamente dire di aver fallito.
(da Il Ricostituente)